Spesso si sente parlare di “nativi digitali” e del loro legame morboso con le nuove tecnologie. Grazie al progetto CoderDojoTO2 ho avuto l’opportunità di vivere in prima persona cosa significa approcciarsi a bambini e ragazzini che vivono con lo smartphone in tasca e il tablet in mano ogni momento della loro giornata e la realtà è molto più complessa e variegata di quello che appare. Per “nativi digitali”, si intendono quelle generazioni nate dopo che la tecnologia aveva già cominciato a mettere profonde radici nelle attività quotidiane. In un certo senso la mia generazione fa parte, seppur in modo marginale, di questa categoria: i primi cellulari per il grande pubblico hanno popolato le classi degli ultimi anni delle mie elementari e a scuola ci insegnavano ad usare Paint ed Excel, tuttavia le differenze con la realtà di oggi sono abissali.

In particolare, un evento mi ha fatto aprire gli occhi su ciò che non funziona nel rapporto dei “nativi digitali” con le nuove tecnologie: una ragazzina di circa quattordici anni, che utilizza il cellulare in modo ossessivo, è iscritta ad ogni social esistente e ha eletto il proprio smartphone a protesi della sua mano sinistra, non sapeva usare Word. Non è ovviamente un caso isolato, infatti da quando ho fatto questa prima scoperta mi sono interessata alle conoscenze informatiche di base di tutti i bambini e i ragazzini che popolano il CoderDojo, oltre a quelli che mi capita di aiutare con lo studio. La carenza di conoscenze di base di informatica e soprattutto dei programmi di uso più comune, è scarsa, se non addirittura assente.

Il problema di base è che, pur essendo iperconnessi, social addicted, follower che googlano qualunque informazione, molti giovani non conoscono minimamente l’oggetto che hanno davanti agli occhi tutto il giorno – che si tratti di uno smartphone, un tablet o un pc – e nemmeno ne conoscono le potenzialità e il valore. La colpa ovviamente la si potrebbe attribuire a chiunque, dalle famiglie e le scuole, fino alle pubblicità martellanti, ma non è questo il punto. Il punto è che bisogna suscitare in loro la curiosità e la necessità di andare più a fondo e imparare a conoscere questi strumenti, perché non basta saper postare i selfie e creare i meme.

Uno dei grandi meriti, oltre che uno dei principali obiettivi, del CoderDojo è proprio avvicinare bambini e ragazzi alle nuove tecnologie in modo sano, attraverso attività che puntano sulla crescita individuale, il lavoro di squadra, la condivisione di conoscenza e soprattutto il divertimento. L’anno scorso, in occasione della ripresa degli eventi dopo la pausa estiva, scrissi questo:

Allora, voglio parlare a tutti di questa cosa bellissima nella quale io e Luca Chironna siamo stati trascinati da Dario Sera e che portiamo avanti con Claudio Danna, Luisa e tutti i mentor e minimentor da un anno o poco più.
È una cosa bellissima perché facciamo vedere ai bambini e ai ragazzi che il computer è qualcosa di più di un semplice schermo di fronte al quale mangiare imbambolati cliccando “mi piace” e giocando a qualche videogioco, ma è uno strumento utile per imparare cose nuove e condividerle con gli altri, per creare un qualcosa di cui andare fieri, fosse anche solo un giochino con la palla che rimbalza, perché non è così automatico per tutti pensare che quella pallina si muove in quel modo perché qualcuno le ha detto di farlo e lo ha fatto per permettere a me, utilizzatore, di divertirmi.
Ormai l’informatica è ovunque: nelle scuole, sui pullman, persino nei citofoni di casa in alcuni casi ed è bello mostrare ai “nativi digitali” che c’è un mondo oltre lo schermo, dove le persone scambiano opinioni e conoscenze per creare qualcosa di nuovo che migliori la nostra vita, la renda più semplice e non più vuota.
E poi è una cosa bella perché il gruppo dei mentor di CoderDojoTO2, nella disorganizzazione e nei ritardi più impensabili a volte, è riuscito a tirare fuori degli eventi bellissimi e gratuiti e a far contenti genitori e bambini.
Ce ne fossero di cose belle così… E sono fiera di farne parte, anche col mio piccolissimo contributo.

Con questo breve articolo lancio un appello a tutti coloro che hanno a che fare ogni giorno con i “nativi digitali”: spronateli ogni giorno ad incuriosirsi, non lasciate che si limitino a vivere in modo passivo la tecnologia. Sviluppare competenze informatiche di base già da piccoli è importante ed è utile, ma c’è di più: è necessario. La tecnologia deve essere uno strumento di condivisione, di scambio e di crescita, non una scusa per chiudersi in casa ed escludere il mondo reale.

“Nativi digitali” e tecnologia: un rapporto complesso

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