Carlos Ruiz Zafón è uno degli autori che hanno accompagnato la mia adolescenza e la matematica è il grande amore della mia vita, perciò quando ho letto questo titolo ho sentito ribollirmi nello stomaco una certa nostalgia e mi sono illuminata. Recentemente mi sono ripromessa di rileggere (o leggere?) tutti i romanzi di Zafón in lingua originale. Dopo questa intervista a maggior ragione mi sento in dovere di mettere in atto il mio piano, ma soprattutto mi è venuta la voglia irrefrenabile di leggere tutte le traduzioni nelle lingue che conosco e forse anche in quelle che non conosco (e grazie al mio eReader posso farlo senza problemi). Questa rilettura l’ho sempre trovata affascinante, infatti non sarebbe il primo autore che leggo e rileggo, e in effetti sembra proprio di leggere penne diverse ogni volta che si cambia lingua.

Zafón esprime un concetto molto bello in questa intervista, che mi rende orgogliosa di essere una traduttrice, nonostante i momenti di sconforto che il lavoro talvolta, inevitabilmente, causa: la traduzione è una vera e propria riscrittura del testo. Anche incontrare il gusto del pubblico, nell’era della traduzione, non è più un compito esclusivo dell’autore, anzi soprattutto del traduttore. Ho riso molto sotto i baffi quando, nell’intervista, ho letto dei problemi tra Zafón e la sua traduttrice coreana, ma è un esempio perfetto della responsabilità del traduttore nel successo di un romanzo nel paese per cui traduce. Ora vi lascio all’articolo di linguaenauti con la breve intervista a Carlos Ruiz Zafón.

Pordenonelegge 2017, la festa del libro con gli autori, si è conclusa da appena due giorni e l’adrenalina è ancora in circolo; non solo perché è una vera e propria festa che inonda di giallo la mia città, o un’occasione per dialogare con autori, attori, registi, studiosi e pensatori provenienti dai mondi più vari, ma anche perché, come proverò a raccontarvi, è un luogo di incontri inaspettati e di scoperte sorprendenti. Be’, sarò di parte, ma i friulani “do it better”: chi ancora non c’è mai stato sappia che Pordenonelegge è organizzato come una fabbrica di sedie e gustoso come una sagra del frico, e Sergio Castellitto in conferenza stampa l’ha addirittura definito “il Sundance dei festival letterari”. Non male, vero?Quest’anno però (ben il diciottesimo!) il mio pnlegge è stato ancora più speciale, perché Linguaenauti ha ottenuto l’accredito stampa e ho potuto esplorare il festival da un luogo decisamente privilegiato: dietro le quinte. Perciò ho visto cose che voi lettori… potete senz’altro immaginare, soprattutto se seguite la pagina Facebook e l’account Twitter del blog, e che prenderanno forma di articoli nelle prossime settimane.

Il mio primo assaggio di Pordenonelegge è stato proprio nel giorno di apertura, mercoledì 13, quando ho partecipato alla conferenza stampa di Carlos Ruiz Zafón, l’autore incaricato di inaugurare il festival. Mentre lo aspettavo, sentendomi un po’ un pesce fuor d’acqua tra tante telecamere, microfoni e giornalisti veri, devo ammettere che non sapevo bene cosa fare. Maquando è entrato con i suoi occhiali tondi, la sua spilla a forma di drago e il suo incedere pacato la tensione si è completamente sciolta; così alla fine sono partita di slancio e gli ho fatto anch’io una domanda, visto che nessuno aveva toccato l’argomento che più mi sta a cuore.

 

Carlos Ruiz Zafón: la traduzione è una matematica della parola

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *